lunedì 1 aprile 2013

The Road

Un film che lascia addosso una patina di inquietudine, una forte sensazione di inadeguatezza, una enorme tristezza, questo The Road di John Hillcoat. Un padre, un figlio, un'America devastata da una non meglio precisata catastrofe, una umanità inferocita, ridotta allo stato primordiale obbligata a sopravvivere con ogni mezzo - anche col cannibalismo. Questi gli ingredienti di un romanzo robusto ben trasposto per il grande schermo. Un paio d'ore che scorrono veloci, sebbene tanti siano i momenti di agghiacciante mutismo, scarni siano i dialoghi, dense le pause lontano dall'azione.
In una disperata rilettura apocalittica del classico di frontiera (poco importa se intima alla Kerouac o fisica come nella tradizione western) la coppia protagonista trascina i passi e spinge le poche/preziose cose raccattate qua e là in direzione della costa, sperando che il mare lì sia ancora blu, il cielo non sappia di piombo e gli arcobaleni abbiano un colore più vivido di quello spento e quasi obbligato che hanno ormai. Attimi, ricordi o sogni invadenti richiamano solo a flash la vita che è stata... ma anche in quei rari momenti il ricordare è sempre un gesto amaro, il dover elaborare più di un lutto, più di una tragedia, più d'una assenza e di una sofferta perdita. E così il film prosegue, con l'incedere sempre più claudicante dei due protagonisti, attraverso una educazione sentimentale senza scampo e senza speranza per la coppia, tra poche anime disperate disciolte in un campionario di barbarie, follie, atrocità. Quando tutto, anche sulla riva del mare, sembra perdere la speranza, una piccola luce, tutta stretta - quasi per sbaglio, quasi a suggerire senza mai dire - negli occhi di un cagnolino.

Un film secco, senza fronzoli, brutale... eppure lontano anni luce dai classici del disaster movie per la sua incredibile capacità di essereasciutto,  non riconoscere orpelli, non cedere alla necessità di caratterizzare se non con poche efficacissime sensazioni. Cosa sia stato prima non ha senso, siamo qui, è questo il mondo! Quale sia stata la catastrofe non importa, quindi perchè perdere e far perdere inutilmente il tempo? Una è la constatazione al fondo e da quella, su quella, siamo chiamati a riflettere: tornati ad uno stato ferino di natura quale sarà il nostro posto? Di quale "social catena" saremo anello? Domande a cui nemmeno il più preparato dei prepper riesce a dare una risposta. Quel che è certo, sicuro, è che non avremo bisogno di null'altro che vestiti e coperte, del cibo e dell'acqua, più d'un paio di scarpe robuste ed un'arma. E di sicuro non troveremo il tempo di rimpiangerle, impegnati come saremo a rimparare le tecniche della caccia e della raccolta.

Oltre la pura evasione, senza prendersi troppo sul serio ma soprattutto senza perdere il buon vizio di commuoversi un po'...

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