lunedì 22 aprile 2013

RESET - PD... Non c'è prefisso RI- che valga!

Ho (im)pazientemente atteso di riordinare le idee. Sono stati giorni di sicuro convulsi, in cui incredulità, sgomento, rabbia e frustrazione si sono alternati, succeduti, sovrapposti.
Su tutto la terribile presa di coscienza che il PD, così come lo si conosceva un attimo prima dell'apertura delle urne in febbraio, è defunto. Nell'ultima settimana si è mostrato agli occhi dei cittadini italiani il cadavere del Partito. Lo si è insultato e preso a calci. Manco si fosse di fronte al corpo morto d'un dittatore qualsiasi. Ad accanirsi, più di tutti gli altri su quella cosa lì in terra, i più stretti collaboratori, i "padri fondatori", i massimi vertici di quella struttura.

Il Capolavoro Marini, l'Harakiri Prodi, la Beffa Napolitano. In una chiusura e sordità alle spinte dal basso che con una certa vergogna si trincerava dietro il "divieto di vincolo di mandato" ed a volte - ancor peggio - dietro conte imbarazzanti e giustificazioni inconcludenti, dal Caprarica a Montecitorio quello che si è consumato è non già il Golpe nello Stato - follia tutta Grillesca visto che s'è proceduto a norma e dettame di Costituzione - quanto più il Colpo di Partito.
Quella che verrà imposta nei prossimi giorni è una dottrina di presunta Unità Nazionale che taglierà fuori dal momento della discussione e della sintesi tanto le forme del disprezzo espresse nella semplicistica "confezione" antipolitica del M5S, quanto le espressioni civili di dissenso e sdegno che dai territori, dalle molteplici "basi" - il fruttivendolo della porta accanto più che l'elettrauto di famiglia! -  si articolano nel paese.
Il PD, in parte consistente, con l'appoggio al futuro e scontato Governissimo, volta le spalle al mandato degli elettori che sulla posizione netta di "Mai col PDL" si sono cementati attorno alla coalizione Italia Bene Comune e con dichiarazioni pesanti e violente come carri armati, per bocca di larga parte dei suoi vertici silenzia proteste e critiche.
Probabilmente è bene rendersi conto che QUEL PD votato a Febbraio non esiste più. E' forse bene considerare che con le dimissioni - doverose e irrespingibili - della Segreteria si deve sancire la situazione di smobilitazione e di fine.
E' necessario, quanto mai urgente, decidere di mettere un punto e voltare pagina.
Le regole, le forze e la "fisiologia" in campo non sono capaci di essere il valido defibrillatore per rianimare questo corpo - a meno che non si voglia pensare di mettere in atto un volgare quanto pericolosissimo accanimento terapeutico.
Bisogna eliminare qualsiasi tentazione di intraprendere un percorso viziato dal dogma del prefisso RI- poichè riscrivere, rifondare, ripensare non sono espressioni che descrivono il percorso corretto. Non con queste regole, non con questa fisiologia, non co questi presupposti.
Bisogna partire dalla presa di consapevolezza che un Partito incancrenito su burocratismi, selezioni all'ingresso, forme dell'adesione che si trasformano in legittimazioni di gruppi di potere e rendite di posizione non ha forza e strumenti di ripensarsi o rifondarsi. E' necessario che il primo passo sul sentiero del RESET sia la negazione di quelle regole e la scrittura di norme nuove.
Ripartendo in questo caso dai Circoli che di questo partito e di ogni sua dinamica sono il nodo di riferimento. E' indispensabile un Congresso che, per la prima volta, su Idee e Proposte politiche EMENDABILI DALLA BASE cominci il proprio percorso sul territorio. Senza vincoli di Tessera. Aprendosi alla discussione con Associazioni e realtà attive. Permettendo che ogni intervento - nel merito del Congresso di ogni singolo Circolo - dia diritto al Voto, o trovando le forme più opportune per riportare la Tessera ad essere scelta di Appartenenza e Contribuzione ( di Idee ed Economie) alla Causa del Partito e non già Clava nelle mani di dignitari vari.
Fuori da una logica di costruzione che RIPARTA DAL BASSO e NEGHI ogni forma di RENDITA DI POSIZIONE questo percorso è meglio non intraprenderlo, meglio voltare le spalle e decidere di scrivere una storia diversa, discontinua. Perchè fuori da logiche di costruzione diffuse e di base il "Partito che Vorremmo" sarà solo e comunque il Partito che Vorrà chi - con la debacle di questi giorni - ci ha consegnato questo sfascio.
Non ho padri con questo documento, nè zii, nè cugini o fratelli maggiori cui dirigere queste riflessioni e queste richieste... mi viene voglia solo di condividerle con chi le leggerà ed in massima parte con quella Base incontrata nell'OccupyPD di Bari e con quanti, sui social, stanno ragionando con me di questo... ci sono di sicuro spunti interessanti nella dialettica dei vertici e dei grandi nomi, dei riferimenti nazionali... ma lassù è tutto così confuso. Nel confronto, mi piacerebbe partire dal basso...

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